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Marmolada d’Ombretta – (

 

 

1956Bepi de Francesch introduce nel mondo alpinistico un nuovissimo chiodo che impiega per superare uno strapiombo sul fungo d’Ombretta in Marmolada.

E’ il cosiddetto chiodo “a espansione”. Questo è più corto dei normali chiodi, è di ferro dolce e viene piantato forando la roccia con un perforatore consentendo di superare in artificiale qualsiasi difficoltà!. Questa è una soluzione, che, sebbene non inedita, costituisce un’eccezione alla regola e come tale scatena furibonde polemiche.

 

1964 - Armando Aste e Franco Solina sulla Marmolada d’Ombretta in cinque giorni aprono un itinerario di 900 metri con 14 chiodi, 14 chiodi ad espansione e 5 cunei. Questa via indirizza con decisione l’arrampicata verso la scoperta e la salita di pareti aperte. I camini, le fessure, le traversate e poi  le brevi e sporadiche salite di lisce pareti sono ora abbandonate, o meglio surclassate, da questo itinerario che fa della placca la linea ideale. Ed è proprio questo il nome scelto dai primi salitori: la via “Dell’Ideale”. Sempre più di frequente le vie vengono battezzate con nomi che esulano dai cognomi dei primi salitori. Solo con l’avvento del free climbing prende piede questa pratica, che a noi non sembra null’altro che normale. Il battezzare la via con un nome ci aiuta a conoscere la personalità, il carattere, lo spirito del primo salitore, e ci aiuta ad identificare le vie, il cui numero diventa sempre maggiore.

Armando Aste così si racconta: «Il progresso nell’apertura di questa via è stato proprio quello di debellare la barriera psicologica, si è entrati nell’alpinismo moderno, in cui niente è più impossibile. Quando abbiamo salito l’Ideale, c’erano solo sette o otto vie importanti sull’intera parete e tutte percorrevano sistemi fessurati, di percorribilità evidente. Non si pensava di poter scalare le placche compatte. Dopo, tutto è stato possibile. Claudio Barbier, un antesignano dell’alpinismo attuale (…) era al rifugio Falier in quei giorni. Al mattino della partenza, mi ha chiesto dove andavo. Gli ho detto che tentavo la linea nera, quella colata che scende dalla cima dell’Ombretta. “Sei matto, ci vogliono un sacco di chiodi a pressione!” mi ha risposto. “Io ne ho dietro una ventina, ma vedremo insomma…”(…). Non accettavo i chiodi a pressione se non come strumento che mi permettesse di superare un breve tratto di via che sembrava impossibile. Più in là nel tempo, avrei voluto essere io l’apritore delle grandi vie a pressione, ma bisogna entrare in quell’epoca per giudicare».

 

1973 – Sulla Marmolada d’Ombretta, Igor Koller, Marian Marek, Miro Ondras e Pavel Tarabek aprono una via molto impegnativa Slovakia di 750 metri con passaggi di 5b e A3.

 

1979 Ludwig Rieser e Heinz Zak salgono “l’elefante”, un singolare pilastro della Marmolada d’Ombretta. Le difficoltà di 5c/6a sono arricchite da passaggi di 6b.